Bologna, due donne alla guida di 125 operai: ecco l’Officina modello dei treni - CorrierediBologna.it

2022-10-12 15:35:40 By : Mr. Liu Gary

«All’inizio sono rimasti sorpresi, perché non si aspettavano una donna a ricoprire questo ruolo; poi, credo di averli un po’ spiazzati quando ho trascorso la prima settimana, reparto per reparto , a parlare con tutti, per farmi raccontare da loro l’Officina, ascoltarli e conoscerli». A spiazzare, come dice lei, i lavoratori dell’Onae, Officina Nazionale Apparecchiature Elettriche di Bologna, che appartiene a Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo Fs), è stata Barbara Capasso , 46 anni, una laurea in Giurisprudenza e un master in Relazioni Industriali, che da poco più di un anno è stata nominata Capo Officina e ha scelto come Responsabile di produzione un’altra giovane donna, Elena Baldi, 38 anni, ingegnere elettrico.

L’Onae, nata a Bologna nel 1955, quando allora attorno era solo campagna, si trova in via Carracci a pochi passi dalla stazione Alta Velocità, oggi proprio nel cuore della città, tra un parco, un condominio e un ostello. Qui, lavorano 125 persone, impegnate a realizzare una sorta di grande alimentatore per i treni, prodotto innovativo che viene distribuito in tutto il Paese. A rendere unica questa realtà, oltre alla qualità della produzione completamente «made in Bologna» fin dall’idea, è la gestione al femminile di un mondo quasi tutto maschile, tra operai e quadri. In Italia, sono tre le officine infrastruttura di Rfi: a Bologna, a Pontassieve e a Bari; a capo di tutte, c’è il dirigente Massimo Del Prete, che sotto le Due Torri, caso unico a livello nazionale, ha appunto come referenti due donne.

«L’Onae è una realtà articolata su tre reparti, che ha come prodotto di punta un innovativo box modulare e flessibile, contenente un concentrato di tecnologia inventato, progettato e realizzato a Bologna — spiega l’ingegnere Baldi, che ha iniziato a lavorare all’Officina undici anni fa per la tesi specialistica proprio sui box —. Il container funziona da sottostazione elettrica per alimentare le linee ferroviarie e permettere ai treni a trazione elettrica di circolare; va a sostituire le vecchie stazioni elettriche fisse ». Tutto parte quindi dalla fabbrica di Bologna per arrivare nelle diverse stazioni italiane: «I prossimi 5 anni sono già in overbooking rispetto alle richieste — sottolinea Capasso —. Abbiamo registrato un’impennata, perché questi box vengono utilizzati in molti progetti ferroviari di rinnovo della linea, collegati al Pnrr». Non solo gli innovativi box come sottostazioni elettriche, ma anche alcune produzioni storiche caratterizzano l’Officina di Bologna, dalla produzione delle casse di manovra fino al Centro di taratura degli strumenti ferroviari.

Durante la pandemia, si è aggiunto un reparto per la produzione delle mascherine chirurgiche, con l’introduzione di una decina di lavoratori interinali, che da qualche mese sono stati direttamente assunti da Rfi. E tra loro ci sono alcune ragazze, senza formazione tecnica, ma che Capasso e Baldi, terminata l’emergenza Covid, sono riuscite a collocare in officina, affiancandole ai lavoratori più esperti: «Ci ritroviamo in un ambiente maschile qui in reparto — raccontano Rita e Federica, ventenni — ci si aiuta, i colleghi sono premurosi come se fossero dei nostri papà e in poco tempo stiamo imparando molto» . Barbara ed Elena, capo e responsabile, li conoscono uno ad uno, da reparto in reparto, li chiamano per nome: «Nel mio ingresso da Capo, c’è stato un doppio step, perché sono donna e non sono un tecnico; ho adottato un approccio diverso all’officina, prettamente gestionale — spiega Capasso —. Bisogna sapere far fare, le soluzioni tecniche sono a mia disposizione nel sapere delle mie risorse». La sua giornata inizia sempre da un giro nei reparti: «Abbiamo avuto un problema informatico tempo fa che ci ha bloccato per parecchio, così per rendere comunque produttive quelle ore, mi sono messa i guanti e insieme a un gruppo di lavoratori abbiamo sistemato il magazzino; si è creata una catena di aiuto infinita, anche dagli uffici. Si sono rotti gli schemi tra palazzina uffici e il resto dell’officina, creando come una sorta di ponte levatoio. È stato bello».

I ritmi (giusti) di una squadra

Intanto il lavoro procede, a pieno ritmo, il capannone è pieno di sottostazioni da completare e personalizzare. Bologna è sempre stata una fucina d’innovazione, dall’infrastruttura ferroviaria all’elettrico. «Non è sempre semplice, ma qui siamo una squadra» , osserva la responsabile di produzione. «La mia vittoria in questo primo anno — confida Barbara Capasso — è aver conquistato la fiducia delle persone dell’Officina, loro vengono prima di tutto e mi pesano ogni giorno su quello che faccio».

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