Days Gone, una bella idea sprecata

2022-10-11 20:48:00 By : Ms. Ivy Zhao

Trama post-apocalittica e dinamiche open world: tutto sommato il videogioco in esclusiva PS4 è godibile, senza arrivare ai livelli di The Last of Us.

La moto corre sull’asfalto, attorno a noi la natura ha ormai preso il sopravvento: le carcasse delle auto ci guardano meste ai lati della strada, mentre le felci ricoprono quel che resta di edifici e container. Il mondo di Days Gone non ha solo perso la speranza, ha smesso pure di cercarla, si sopravvive giorno per giorno, anche con metodi disumani. Se questa descrizione vi ha ricordato qualcosa, magari un certo gioco di Naughty Dog con protagonisti una bambina e un burbero eroe per caso, non siete soli.

Days Gone, uscito a fine aprile 2019 in esclusiva su Playstation 4, combatte suo malgrado fin dal minuto zero un faticosissimo braccio di ferro proprio con The Last of Us. Troppe somiglianze, troppi punti in comune e, addirittura, troppi tentativi di differenziarsi. Il gioco di Sony Bend è ambizioso, provando a fondere le atmosfere disperate delle storie di zombie che abbiamo imparato ad amare negli ultimi anni (a partire da The Walking Dead) con le dinamiche open world di titoli come Far Cry. Il nostro protagonista è un sopravvissuto che vive nel rimorso: prima dell’inizio dell’apocalisse ha provato a salvare la moglie caricandola su un volo militare ma, l’avrete già capito, le cose non sono andate come avrebbero dovuto.

Nel frattempo il mondo ha fatto la fine che ha fatto e, insieme a un compagno di avventure, viviamo di espedienti, nella speranza di poter, prima o poi, intraprendere un difficile viaggio “verso nord” alla ricerca di quel che resta della civiltà. La vicenda di Days Gone si dipana, senza considerare tutte le sottotrame secondarie, per una ventina di ore buone e, a tratti, riesce pure a garantire un buon livello narrativo - con un paio di colpi di scena non straordinari ma ben assestati - e personaggi intriganti seppur piuttosto stereotipati. Non siamo dalle parti di un The Last of Us (appunto) ma, quantomeno, la trama è godibile, comprensibile e senza troppi fronzoli.

Ecco, se dovessimo definire in maniera sintetica Days Gone la descrizione migliore sarebbe proprio “senza troppi fronzoli”. Il gioco non prova a rivoluzionare il suo genere di appartenenza anzi, lo abbraccia in maniera quasi mimetica: abbiamo le torri da conquistare, i campi di banditi/predoni da sconfiggere, le zone infestate dagli zombie (in realtà si tratta più di vittime di una malattia che rende simili a bestie, ma il concetto è quello) che vanno bonificate, insieme a tutto il cucuzzaro di zone sicure, rifugi e terre vergini da esplorare. Il tratto personale di Days Gone non si vede dunque nella struttura ma nelle rifiniture: dovremo stare molto attenti al carburante della nostra moto, così come alle armi e alle munizioni che avremo a disposizione, pena il rischio di ritrovarci appiedati e magari pure senza difese mentre cala la notte, piove e gli infetti iniziano a uscire dalle loro tane.

L’altro concept importante è quello delle “orde”, per una serie di motivi che non vi sveliamo qui, i nostri ferali antagonisti hanno la tendenza a riunirsi in gruppi abbastanza numerosi, e per abbastanza numerosi intendiamo da cento o addirittura quattrocento mostruosità assetate di sangue. Per aver ragione di una tale minaccia occorre organizzare le difese, piazzare trappole e usare al meglio le nostre scarsissime risorse. Si tratta di momenti molto divertenti e pure abbastanza adrenalinici che però, al di fuori degli scontri obbligatori per alcune logiche di trama, rischiano di diventare leggermente ripetitivi dato che ne incontreremo (facoltativi, naturalmente) circa una quarantina mentre esploriamo le sconfinate distese dell’Oregon.

Nel complesso Days Gone da l’idea di essere un titolo che, all’inizio del suo sviluppo, doveva essere molto più ambizioso, tra le piccole imperfezioni, una intelligenza artificiale non eccezionale e un gameplay fin troppo derivativo, si intravedono i lampi di quello che avrebbe potuto essere e, invece, non è. Si leggono una cura per la narrazione, una costruzione degli ambienti ricercata, la volontà di approcciarsi al genere in maniera non del tutto supina. A un certo punto però è come se qualcuno (Sony? Gli sviluppatori? La fretta?) avesse tirato il freno, costringendo Days Gone a deviare dal suo ambizioso percorso per calcare sentieri meno impegnativi, come quando gli alpinisti - per i misteriosi motivi noti solo alle montagne - rinunciano ad attaccare le vette per tornare mestamente al campo base.

Days Gone è più che godibile ma, completata l’avventura, rimane un retropensiero impossibile da scacciare: il gioco sembra essersi arreso davanti alle sue difficoltà, ha guardato la montagna e non ha avuto la forza di scalarla. Capita, non è una tragedia, ma da Sony ci saremmo aspettati uno sforzo in più.