Il "porto della cocaina" gestito dai narcotrafficanti e dai dipendenti portuali infedeli - QuiCosenza.it

2022-10-11 02:06:08 By : Ms. Carbon Yan

Un’operazione che ha consentito di destrutturare una articolata organizzazione criminale che avrebbe garantito il recupero di ingenti partite di cocaina

GIOIA TAURO (RC) – Un’organizzazione criminale attiva nel porto di Gioia Tauro, che avrebbe garantito tanto il recupero di ingenti partite di droga, che arrivavano su navi cargo dal Sudamerica, quanto il successivo stoccaggio in depositi ritenuti “sicuri”. La logistica del narcotraffico assicurata quasi fosse una vera e propria società di servizi, articolata su tre livelli dai soggetti coinvolti ovvero, esponenti delle principali famiglie di ‘ndrangheta, in grado di garantire l’importazione delle partite di cocaina in arrivo dal Sudamerica; coordinatori delle squadre di operai portuali infedeli che avrebbero retribuito la squadra con una parte della “commissione”, variabile tra il 7 e il 20% del valore del carico, ricevuta dai committenti (le dazioni ricostruite ammonterebbero ad oltre 7 milioni di euro); operatori portuali materialmente incaricati di estrarre la cocaina dal container “contaminato” e procedere all’esfiltrazione dello stesso verso luoghi sicuri. L’attività ha permesso di rilevare la dettagliata organizzazione dei narcotrafficanti, soliti comunicare con telefoni cellulari criptati.

In pratica, dopo l’indicazione ai referenti locali da parte dei fornitori sudamericani del nominativo della nave in arrivo e del contenitore con la sostanza stupefacente, l’importazione passava sotto la supervisione dei dipendenti portuali coinvolti, i quali si attivavano affinché il container “contaminato” venisse sbarcato al momento opportuno e posizionato in un luogo convenuto. Poi la squadra di portuali infedeli provvedeva a collocarlo in un’area “sicura”, appositamente individuata, per consentirne l’apertura e, quindi, lo spostamento della droga in un secondo container (abitualmente indicato dagli indagati come “uscita”) ritirato, nelle ore successive, da un vettore compiacente e trasportato nel luogo indicato dai responsabili dell’organizzazione.

È proprio la ricostruzione della complessa fase dello spostamento dei container all’interno del porto che avrebbe consentito di disvelare la modalità utilizzata dai portuali per il trasbordo dello stupefacente, da loro stessi denominata sistema del “ponte”. Nello specifico, individuata l’area di sbarco idonea allo scopo, il contenitore veniva posizionato di fronte al contenitore “uscita”, lasciando tra i due la sola distanza necessaria all’apertura delle porte per lo spostamento della merce illecita. Al di sopra dei due container, quindi, ne veniva adagiato un terzo, denominato appunto “ponte”, con lo scopo di celare, anche dall’alto, i movimenti nell’area sottostante.

Una volta allestita l’area, al fine di non destare sospetti, i portuali infedeli venivano trasportati sul luogo delle operazioni, nascosti all’interno di un quarto contenitore, che veniva adagiato nella medesima fila ove era stata allestita la struttura. Infine, per evitare che soggetti estranei ai fatti intralciassero le operazioni illecite, due straddle carrier (veicoli speciali adoperati per la movimentazione dei container), condotti dagli indagati, stazionavano ai lati della fila di contenitori ove era stato costruito il ponte, per impedirne l’accesso e monitorare, dall’alto, l’eventuale arrivo delle Forze dell’Ordine. Terminate le operazioni, dunque, ai container venivano applicati sigilli contraffatti.

A quello proveniente dal Sud America veniva apposto un sigillo “clone”, spedito dalla stessa organizzazione fornitrice ed occultato all’interno di uno dei colli contenenti la sostanza stupefacente, mentre al container “uscita” veniva apposto un sigillo fasullo, predisposto dalla compagine criminale incaricata del recupero del narcotico.

È, inoltre, emerso il coinvolgimento di un appartenente all’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Gioia Tauro finito in carcere, il quale – al fine di agevolare l’organizzazione criminale investigata – sfruttando le proprie mansioni nell’ambito dei previsti controlli ispettivi, avrebbe alterato l’esito della scansione radiogena operata su un container contenente 300 Kg di cocaina, oscurando le anomalie riscontrate e attestando la coerenza della scansione con il carico dichiarato. Per tale comportamento il doganiere avrebbe ottenuto una somma di denaro par al 3% del valore del carico illecito.

Le indagini hanno inoltre consentito di individuare i soggetti responsabili della progettazione ed esecuzione di un rilevante traffico dal Sudamerica alla Calabria, caratterizzato da periodiche e imponenti, ognuna di circa 2 tonnellate, importazioni di stupefacente. In una occasione, al fine di eludere i controlli gli indagati calabresi avrebbero ideato e richiesto ai fornitori colombiani specifiche modalità di occultamento del narcotico, inviando veri e propri schemi in cui veniva suggerita, mediante la raffigurazione del container, la ponderata distribuzione del carico, con la previsione dell’occultamento di 4 panetti di cocaina all’interno di ogni singola scatola del “carico di copertura” (banane), ad esclusione delle prime e delle ultime file di scatole, da non “contaminare” poiché più facilmente ispezionabili. Il carico, consistente in circa 1.920 panetti di cocaina, che avrebbe dovuto eludere i controlli effettuati con l’utilizzo dello scanner, è stato, tuttavia, intercettato e posto sotto sequestro dai Finanzieri.

Tra i soggetti coinvolti figurano quattro narcotrafficanti internazionali, due originari della fascia ionica reggina e due di origine campana, di cui uno, di rilievo criminale assoluto, è stato recentemente espulso da un Paese Mediorientale per fatti analoghi.

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Il proprietario ha potuto riabbracciare l’animale uscito indenne nonostante la pericolosa disavventura

REGGIO CALABRIA – Questa mattina il personale SAF (speleo alpino fluviale) del Comando provinciale dei vigili del fuoco di Reggio Calabria è intervenuto in località Petizzano nel Comune di Stilo per il recupero di un cane da cinghiali.

L’animale era precipitato nel pomeriggio di ieri ad una profondità di circa 80 mt. Un dislivello impervio che ha impegnato duramente gli uomini che hanno dovuto fare i conti anche con un forte acquazzone che imperversava in zona operazioni. Le stesse sono state portate a termine con successo dopo circa quattro ore. Il proprietario ha potuto riabbracciare l’animale uscito indenne nonostante la pericolosa disavventura.

I poliziotti di Taurianova hanno beccato l’uomo in flagranza di reato per spaccio di sostanze stupefacenti e furto aggravato di energia elettrica

TAURIANOVA (RC) – Continuano a Taurianova i servizi di prevenzione e repressione dei reati in materia di stupefacenti. Nei giorni scorsi, il personale del Commissariato di P.S. di Taurianova ha arrestato, in flagranza di reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e furto aggravato di energia elettrica, un 70enne con precedenti per reati in materia di stupefacenti, fra cui associazione a delinquere, produzione, traffico e spaccio ed altresì, per i reati di estorsione, minacce e lesioni.

L’attività di Polizia Giudiziaria è stata svolta con la Squadra Cinofili della Questura di Reggio Calabria che ha collaborato durante le fasi della perquisizione effettuata in un primo momento presso l’abitazione dell’arrestato e poi presso un locale adibito a garage, nella piena disponibilità dell’uomo. Proprio in questo ambiente, gli Agenti della Polizia di Stato hanno rinvenuto e sequestrato, nascosta in un sacco contenente origano, 200 grammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, divisa in 4 buste di cellophane del peso di 50 grammi ciascuna. Nel corso delle operazioni, gli Agenti del Commissariato di P.S. di Taurianova hanno constatato, altresì, che l’uomo aveva modificato la linea del proprio contatore dell’energia elettrica, collegandolo direttamente alla linea centrale, come successivamente verificato dal personale dell’ENEL. Per come disposto dall’Autorità Giudiziaria, l’uomo è stato posto agli arresti domiciliari a disposizione della Procura della Repubblica di Palmi.

I pazienti ricoverati in area medica sono 142, mentre quelli che si trovano in rianimazione passano da cinque a quattro

RENDE – Secondo giorno senza vittime da Covid in Calabria (3.024 il totale da inizio pandemia) dove si registra anche un calo del tasso di positività. I nuovi casi registrati sono 430 ed il tasso è calato dal 21,86% al 18%. In aumento – nel saldo tra ingressi e uscite – i ricoverati in area medica che salgono di 7 (142) mentre calano di 1 quelli in terapia intensiva (5). I casi attivi sono 14.848 (+69), gli isolati a domicilio 14.701 (+63) e i nuovi guariti 361. I dati sono comunicati dai Dipartimenti di Prevenzione delle Asp della Regione Calabria. Ad oggi il totale dei tamponi eseguiti è di 3.827.223 con 565.905 positivi.

Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti: Catanzaro: casi attivi 2522 (19 in reparto, 5 in terapia intensiva, 2498 in isolamento domiciliare); casi chiusi 93997 (93614 guariti, 383 deceduti). Cosenza: casi attivi 8504 (71 in reparto, 0 in terapia intensiva, 8433 in isolamento domiciliare); casi chiusi 155503 (154190 guariti, 1313 deceduti). Crotone: casi attivi 427 (7 in reparto, 0 in terapia intensiva, 420 in isolamento domiciliare); casi chiusi 55589 (55323 guariti, 266 deceduti). Reggio Calabria: casi attivi 2123 (31 in reparto, 0 in terapia intensiva, 2092 in isolamento domiciliare); casi chiusi 190900 (190042 guariti, 858 deceduti). Vibo Valentia: casi attivi 620 (12 in reparto, 0 in terapia intensiva, 608 in isolamento domiciliare); casi chiusi 48685 (48499 guariti, 186 deceduti).

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