Venerdì i doganalisti a Villa Marigola, Pisano: "Il mondo e la logistica stanno cambiando, ci attendono grandi sfide" - Citta della Spezia

2022-10-11 20:46:36 By : Ms. Nancy Wong

La comunità portuale spezzina alle prese con un mondo che sta cambiando alla velocità della luce. Il sistema della logistica, in continuo movimento ed evoluzione per vocazione, sta rispondendo alle sollecitazioni e alle crisi che si susseguono per consentire all’economia di continuare a girare. “Il sistema sta reagendo e questo non può che far ben sperare. Ma il mondo sta cambiando e bisogna tratteggiare un modello diverso, di certo non quello del secolo scorso, ma nemmeno quello che è stato seguito nei primi 20 anni di quello attuale. Grandi sfide ci attendono all’orizzonte”. A sostenerlo è Bruno Pisano, presidente nazionale di Assocad – Associazione centri di assistenza doganale, che sarà anche uno dei protagonisti del convegno che venerdì 14 ottobre riunirà il comparto dei doganalisti a Villa Marigola.

Negli anni scorsi gli spezzini hanno imparato a conoscere meglio il porto dal punto di vista infrastrutturale, ma sono pochi quelli che conoscono anche le figure che lavorano dietro le quinte. Qual è il ruolo del doganalista nella catena della logistica? “Un tempo al di là del muro non si sapeva bene cosa ci fosse. Trovo molto bella una frase di Giorgio Bucchioni: Per anni quel muro è stato visto come la fine della città, invece dietro quel muro iniziava il mondo. E ancora oggi c’è chi pensa che la ricaduta occupazionale del porto sia solamente nella movimentazione dei container, di fatto nel terminal. In realtà ci sono tutta una serie di professioni e mestieri che ruotano intorno al trasporto delle merci, come l’esperto in materie fiscali e adempimenti doganali. Tutte le merci in fase di import o di export devono attraversare la linea della dogana e oggi lo fa nel rispetto della normativa doganale europea di riferimento per tutti gli stati dell’Unione. Dal 1960 esiste un Albo nazionale degli spedizionieri doganali al quale ci si può iscrivere dopo due anni di pratica e l’esame di Stato che concede di ottenere la licenza per operare in tutti i punti di confine, nei porti o nei punti intermodali sparsi per il Paese. Il proprietario delle merci, nel momento in cui queste attraversano la linea di confine, deve presentare la necessaria dichiarazione doganale, con elementi e adempimenti fiscali ben precisi. Ed è qui che entriamo in gioco noi, anche perché oggi non si ritira solamente la gabella: la fiscale è affiancata da altre più importanti, come i controlli di sicurezza sui prodotti, con il noto marchio CE, quelli sanitari, veterinari, quelli fitosanitari, ma anche quelli relativi alla proprietà intellettuale e dunque al fenomeno della contraffazione. Anche il pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia è un aspetto che ci riguarda da vicino, perché, come detto, i doganalisti sono chiamati ad applicare le normative comunitarie”.

Quante persone sono impiegate nel settore dei doganalisti in città? “Alla Spezia gli addetti equivalgono a più di 500 posti. D’altronde alla Spezia sono presenti alcune delle realtà più importanti a livello nazionale, come Sernav, che amministro, e il Gruppo Laghezza. Siamo riconosciuti come eccellenza a livello nazionale, ma alla Spezia siamo di fatto sconosciuti. In passato siamo stati i primi a portare l’informatica nel processo, abbiamo inaugurato lo strumento dello sdoganamento in mare e dei centri di assistenza doganale. Il nostro porto è stato in molte occasioni un laboratorio di idee ed iniziative che poi sono state esportate. Inoltre, grazie alla collaborazione con la Scuola nazionale trasporti e logistica vengono proposti corsi per diventare doganalista e si sta attuando quel ricambio generazionale che è naturale in attività che si sviluppano continuamente da anni. La digitalizzazione, per esempio, con la crescita dell’e-commerce ha portato a un aumento esponenziale delle pratiche doganali, così come la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Ue in seguito alla Brexit, che ha di fatto ricostruito una frontiera”.

Può scattare una fotografia della situazione attuale del porto spezzino legata alla situazione internazionale dal suo punto di vista? “La guerra in Ucraina non ha impattato molto perché non avevamo molti collegamenti con la Russia. Qualche impatto maggiore si è avuto con la Brexit perché i traffici da e per il Regno unito sono storicamente più presenti. Ma le conseguenze derivano soprattutto dalla pandemia, che ha modificato in maniera irreversibile il sistema della logistica. Durante il periodo pandemico le compagnie hanno tagliato il numero dei container presenti sulle navi, ma essendoci meno spazio il costo dei noli si è decuplicato. Prima si era toccato il minimo storico, che aveva portato al fallimento di un colosso come Hanjin. La tendenza verso una risalita dei prezzi c’era già prima della pandemia ma la crescita è stata esponenziale. E poi è crollato il modello just in time. Sino a pochi anni fa era sparita la gestione del magazzino, grazie a tempi di trasporto dall’Estremo Oriente compresi tra i 30 e i 40 giorni: le navi erano magazzini viaggianti e di fatto si acquistava sul venduto. Oggi i tempi sono cresciuti sino a cento giorni e in più c’è stata la crisi delle materie prime e dei semilavorati, come i microchip, e pertanto si è passati a una economia di accaparramento: crescono le importazioni per fare magazzino e non fermare le produzioni in Italia. Infatti nel 2022 avremo importazioni record, ma non sranno controbilanciate dalle esportazioni. I dati di Confindustria dicono che nell’export c’è una crescita del 20 per cento, ma è in termini di valore, non di volumi, e questo è dovuto ai costi più alti in ogni settore. Per la prima volta dopo tanti anni la bilancia avrà un saldo negativo tra import ed export. Infine si è assistito al fenomeno del reshoring, ovvero l’accorciamento delle filiere. Abbiamo visto, sempre durante la pandemia, cosa significhi dipendere totalmente da un Paese lontano per un determinato prodotto, come le mascherine, e pertanto molte aziende hanno aperto stabilimenti nell’Est Europa, Nord Africa e anche in Italia”.

Alcune problematiche della logistica portuale spezzina sono state risolte, altre attendono ancora di essere affrontate in maniera efficace. Il lancio del retroporto di Santo Stefano è stato un miglioramento sensibile? “Il retroporto di Santo Stefano è stato un passo avanti. Ma ci piace pensare che sia solo l’inizio: la piana di Santo Stefano è stata investita di una funzione storica, ma ci sono ancora margini di sviluppo, si possono fare cose ancora più importanti. Gli spazi del porto, che è a stretto contatto con la città, sono troppo angusti: servono soluzioni alternative. L’area di Santo Stefano è ben collegata e abbiamo la possibilità di operare con corridoi di monitoraggio doganale. In futuro Santo Stefano dovrebbe diventare la banchina lunga del porto spezzino, con una trasformazione che è iniziata, ma che dovrà portare a usare i piazzali per le sole operazioni di carico e scarico, spostando ogni fase di controllo e di adempimento burocratico fuori dal porto. Nel frattempo, insieme all’Adsp, stiamo lavorando su un’iniziativa che renda Santo Stefano un buffer, un elemento di aiuto per limitare le code in entrata per gli autotrasportatori. La situazione mondiale e i flussi con picchi positivi e negativi portano a situazioni di congestione in tutti i porti italiani, in particolare quello della Spezia, tra quelli con meno spazi a disposizione. Ma l’unità di intenti può far trovare nuove soluzioni: nello scalo spezzino ci sono sempre stati la capacità e la cultura di fare sistema. Non c’è mai stata contrapposizione: tutti abbiamo sempre pensato prima di tutto all’efficienza del porto”.

Ha parlato delle vicinanza tra porto e città. Come valuta la complessa convivenza tra queste due anime del Golfo? “Negli ultimi anni la situazione è notevolmente cambiata. La sensazione è che sia aumentata la cultura portuale, non c’è più una divisione netta. Oggi vedo nelle agenzie marittime e negli uffici un’età media molto bassa e così c’è una maggiore consapevolezza di quanto il porto sia una finestra sul mondo per la città. C’è un approccio diverso rispetto al porto e alle opportunità che porta con sé. Viviamo in un golfo bellissimo dove è giusto che coesistano mitilicoltura, turismo, porto, nautica, formazione universitaria… Una città moderna non può non sviluppare la cultura della coesistenza. I problemi devono essere affrontati e risolti. Nessuna attività non ha bisogno di essere gestita e il porto non fa eccezione. Credo si possa arrivare alla convivenza senza che una delle anime del Golfo sia preponderante sulle altre”.

Venerdì a Villa Marigola verranno chiamati a raccolta i doganalisti di tutta Italia. Quali saranno i contenuti principali e qual è il significato di un evento del genere nel territorio spezzino? “La giornata sarà divisa in due parti, ma il filo conduttore sarà comune. La mattina inizierà un racconto di quello che è diventato il mondo dopo pandemia e le varie crisi che si sono susseguite nello scenario mondiale, compresa la guerra dei dazi tra gli Stati uniti e la Cina. In pochi anni si sono susseguiti eventi epocali, che hanno disorientato il comparto. Nel pomeriggio spiegheremo come si è modificata la professione: se prima il professionista doganale doveva seguire solo le normative dettate dall’Unione europea, oggi deve capire gli scenari internazionali per trovare le migliori soluzioni, per svolgere il custom planning consentendo alle aziende di avere agevolazioni, di considerare le economie fiscali… E’ necessario ampliare le proprie competenze a più campi di intervento. La decisione di organizzare questo convegno a Villa Marigola è stata presa anche per ribadire come il porto della Spezia sia centrale in Italia nel settore”.

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